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Ancora Qui. L’Albergo dei Poveri e la Memoria delle Cose - Prologo

A cura di Laura Valente

Dal 2 dicembre 2025 al 2 marzo 2026 | Real Albergo dei Poveri - Piazza Carlo III

 
 
  1. La mostra
  2. Gli artisti di Ancora Qui
  3. Galleria fotografica
 
 

Ancora Qui. L’Albergo dei Poveri e la Memoria delle Cose - Prologo
Ancora Qui. L’Albergo dei Poveri e la Memoria delle Cose - Prologo

La mostra

 
Si è tenuta oggi presso il Real Albergo dei Poveri di Napoli l’inaugurazione di Ancora Qui. Prologo. L’Albergo dei Poveri e la Memoria delle Cose, a cura di Laura Valente, direttrice artistica di Napoli 2500.
Pur all’interno di un programma ampio e variegato, questa mostra costituisce uno dei momenti più significativi delle Celebrazioni di Napoli 2500 del Comune di Napoli, fortemente voluta dal Sindaco Gaetano Manfredi.
L’esposizione resterà aperta al pubblico fino al 2 marzo 2026 (ingresso gratuito su prenotazione).
Si tratta di un’apertura straordinaria, che consente al pubblico – per la prima volta – l’accesso al magnifico Refettorio monumentale del complesso, in un momento in cui i lavori di restauro sono ancora in corso.
Una condivisione temporanea e preziosa di un luogo carico di storia, destinato a tornare a vivere in molti dei suoi spazi già dalla metà del 2026.


Durante i lavori di ristrutturazione sono emersi numerosi reperti originali, appartenuti a chi visse tra queste mura: tracce materiali di un’umanità che il percorso espositivo valorizza e rilegge in chiave poetica e civile.
Questi ritrovamenti dialogheranno con una serie di interventi artistici originali. Un omaggio alla vocazione educativa, formativa e sociale del Real Albergo dei Poveri (chiamato comunemente RAP), da sempre “fabbrica del saper fare”.
Intrecciando arte contemporanea, fotografia, installazione e performance, Ancora qui_Prologo cerca di restituire - attraverso i linguaggi del presente - il senso della memoria custodita in questo luogo.
Un archivio in cammino, scandito dagli oggetti ritrovati durante i lavori di restauro in dialogo con opere di artisti del segno come Norma Jeane e Antonella Romano o maestri della fotografia come Mimmo Jodice e Luciano Romano.
Documenti rari che testimoniano aspetti meno conosciuti della vita quotidiana al RAP.
Dal 1781 quelle bambine e quei bambini impararono mestieri e furono educati "al fare": uscirono da questo luogo formati per essere calzolai, bandisti, scrivani, sarte, intagliatrici, ricamatrici e molto altro ancora.
A cui si aggiungono un racconto originale della scrittrice Viola Ardone e una colonna sonora creata da una sintesi di voci d’archivio e suoni contemporanei firmata da Massimo Cordovani.


In mostra: scarpe (adulti e bambini); oggetti vari: piatti, bicchieri, caffettiere, posate, letti, valigie, macchine da scrivere, preziosi documenti dell’esercito e altri reperti d’epoca.
Molti i filoni narrativi: la nascita delle scuole dell’arte, la generosità dei donors (nel 1874 la famiglia Rothschild è tra quelle che sostiene questo ‘modello di inclusione sociale che insegna a saper fare’) ma anche la crudeltà del regime (si rasano le teste delle bambine fino al primo mestruo per poterle poi dare in moglie al miglior offerente delle classi agiate), l’investimento sulla lingua dei segni (il tema di un’allieva è una lama che definisce un contesto, un periodo ma anche il mondo di chi attraversa la vita senza parole).


Voluto da Carlo di Borbone e da sua moglie Maria Amalia di Sassonia nel 1751 come rifugio per gli indigenti del Regno, L’Albergo dei Poveri (RAP) fu pensato da Ferdinando Fuga come il più grande edificio d’Europa.
Un luogo di accoglienza e riscatto, non di reclusione. Re e regine, religiosi e architetti vi proiettarono l’utopia di una città che potesse redimere la propria miseria attraverso il lavoro e l’istruzione.
Padre Gregorio Maria Rocco promosse una raccolta di donazioni per il sostegno del Real Albergo dei Poveri e per tutta la vita fu accanto agli ultimi, agli emarginati che non voleva nessuno.
Tanto che Alexandre Dumas così lo descrive alla sua morte: “Nel corso dell’anno 1782 morì a Napoli, in età di 82 anni, un monaco domenicano, più popolare, e più celebre pe’ suoi sermoni, di quel che non sono stati in Francia Flechier, Fenelon, Bossuet […].
Questo monaco si chiamava Padre Rocco. Egli era più potente a Napoli del Sindaco, dell’Arcivescovo, ed anche del Re”. All’Albergo dei Poveri l’infanzia non aveva nome: orfani, abbandonati, figli di condannati. Le donne furono le prime lavoratrici invisibili: povere, abbandonate, “disonorate”, malate o prostitute.
Entrate alla fine del Settecento, avviarono opifici e laboratori di guanti, fiori e spilli, motore silenzioso dell’istituto.
Nel tempo, nuove autorità religiose e laiche ne controllarono le vite e i destini: poche ricevettero una dote, molte, troppe finirono a fare le cameriere a servizio della nobiltà e della borghesia. Rimasto incompiuto, il “gigante” di via Foria continua a interrogare Napoli: un sogno di giustizia sociale scolpito nella pietra.
Prenotazioni, sia per singoli e per gruppi, scrivendo all'indirizzo mail: ancoraqui@lenuvole.com
Per prenotazioni per gruppi, specificare orario approssimativo di arrivo e il numero totale di partecipanti.

Il percorso è ad accesso libero e gratuito dal martedì al sabato dalle ore 10:00 alle ore 18:00, con aperture straordinarie le prime domeniche del mese dalle 10:00 alle 13:00 e nel periodo festivo.
È possibile accedere fino a 45 minuti prima dell’orario di chiusura.
Il percorso non prevede visita guidata ed è visitabile in circa 60 minuti.


Aperture straordinarie:
Domenica 7 dicembre 2025 - Ore 10:00/13:00
Lunedì 22 dicembre 2025 - Ore 10:00/18:00
Lunedì 29 dicembre 2025 - Ore 10:00/18:00
Domenica 4 gennaio 2026 - Ore 10:00/13:00
Domenica 1°febbraio 2026 - Ore 10:00/13:00
Domenica 1°marzo 2026 - Ore 10:00/13:00
Lunedì 2 marzo 2026 - Ore 10:00/18:00

Chiuso il 24, 25, 26, 31 dicembre 2025 e il 1°gennaio 2026.
 
 

Gli artisti di Ancora Qui

 

Mimmo Jodice
Alla fine degli anni Novanta Mimmo Jodice (Napoli 1934 -2025), fotografo tra i più celebri e accreditati della scena internazionale, recentemente scomparso, ha viaggiato all’internodi questa straordinaria architettura, al tempo totalmente abbandonata.
Nelle immagini in bianco e nero del «Real Albergo dei Poveri» c’è tutta la sensibilità e la tecnica: il bianco come la luce, protagonista assoluta, che si insinua dovunque, mettendo in chiaro il presente-passato-futuro della “fabbrica”; il nero come il colore dell’umana miseria. 
«Questo “progetto” – dichiarò – è per me un viaggio nella storia e nella memoria. È un luogo nato col segno negativo. Non ha mai avuto una vita felice così come non potevano averla i pezzenti del regno che vi trovavano rifugio. Tutto qui mi ricorda un passato di lacrime e sangue».
Jodice, attraverso una mostra e il libro omonimo edito da Federico Motta, ha rappresentato il luogo com’era, tra cortili desolati e muri cadenti, brandelli di tende e resti di mobili e archivi calpestati: come la fotografia in mostra, data in dono a questo progetto prima della sua scomparsa.
E per questo si ringrazia la moglie e musa Angela e i figli Barbara e Francesco, che ne custodiscono la memoria e l’arte.

Norma Jeane
Norma Jeane, Napoli, 2025, stampa a getto su tela di cotone intelaiata, 190 x 117 x 6 cm. Un progetto di arte pubblica pensato per il Real Albergo dei Poveri.
L’artista Norma Jeane sceglie la polvere — residuo minimo e universale della presenza umana — come materia simbolica per raccontare la memoria del luogo.
Ciò che resta, quasi invisibile, diventa segno tangibile del passaggio di vite e secoli, metafora della continuità tra l’architettura e chi l’ha abitata.
La polvere è stata raccolta in punti significativi dell’edificio e in altri luoghi emblematici della città di Napoli (Albergo dei Poveri, Ipogeo dei Cristallini, Maschio Angioino, Castel Nuovo).
Il materiale è stato poi scansionato ad altissima risoluzione — senza copertura per interagire con le variazioni della luce naturale — per rivelare forme e colori nascosti (tecnica originale presentata per la prima volta nella primavera 2025 alla Schirn Kunsthalle di Francoforte).
Ne nasce Napoli, un’immagine su tela di grandi dimensioni: impronta luminosa della materia del tempo.
L’opera, concepita come lascito permanente alla città di Napoli, sarà collocata all’interno dell’Albergo dei Poveri.
Tutti i materiali utilizzati (inchiostri e tela privi di acidi e lignina) sono certificati “fine art” e conformi a ISO 9706 / qualità museale per la massima resistenza all’invecchiamento.

Viola Ardone
Viola Ardone, nata a Napoli nel 1974, si è laureata in Lettere con una tesi in Storia del Teatro, ha lavorato nel campo dell’editoria e attualmente insegna italiano e latino al liceo.
Ha pubblicato per Salani i romanzi La ricetta del cuore in subbuglio (2012) e Una rivoluzione sentimentale (2016) e per Einaudi Il treno dei bambini (2019), tradotto in 40 lingue dal quale è tratto l’omonimo film di Cristina Comencini, Oliva Denaro (2021) e Grande Meraviglia (2023), Tanta ancora vita (2025).
Collabora con il Corriere del Mezzogiorno, la Repubblica, La Stampa.
Per Ancora Qui ha scritto un racconto originale. 

Luciano Romano
Le ciotole di metallo ossidato che hanno distribuito il cibo, le scarpe sedimentate di polvere e pioggia che pure qui venivano fabbricate, le carte alla rinfusa che documentano la complessa organizzazione del sito, sono le uniche tracce di vita di quello che ancor prima di essere il più grande edificio del Settecento è stato il simbolo di un’utopia sociale senza precedenti.
È inevitabile pensare alla vita delle giovani donne e uomini che qui avevano trovato un tetto, un lavoro, un’istruzione, ma anche l’irrimediabile perdita dell’identità, dispersa nelle 430 stanze del palazzo, reclusa nelle camerate lunghe quaranta metri, nella promiscuità della convivenza forzata. 
È a loro, a questi ragazzi inquieti, fragili e dimenticati che Romano dedica un pensiero.
Lo posso solo immaginare, e mettere in scena, perché nulla o quasi so di loro.
Ma so che sotto questo tetto hanno vissuto le speranze e i sogni simili a quelli di ogni altro adolescente della terra.

Antonella Romano
Antonella Romano classe '70 vive e lavora a Napoli.
Nel 1993 si avvicina al teatro come attrice sperimentando diversi linguaggi, in cui la forza dell'espressione corporea sul palcoscenico e convive con la necessità di plasmare la materia, per modulare l'espressione dei luoghi che abita e in cui riversa la sua cifra stilistica sotto forma di sculture realizzate intrecciando fili di ferro lavorati a mano.
Un rituale lento che porta alla realizzazione di figure e di oggetti leggeri e delicati, sempre legati allo spazio e alle storie a cui sono dedicati.

Massimo Cordovani
È un compositore e performer musicale particolarmente attivo in ambito teatrale.
È stato fondatore e autore della band techno punk Narcolexia con cui ha realizzato due album per BMG Ricordi e Self.
Tra le ultime musiche composte per il teatro quelle per “Parenti terribili” di Jean Cocteau, con la regia di Filippo Dini, che ha debuttato nel 2024.
Sound designer per il Museo della Scienza e Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano.
Per RAP ha composto una colonna sonora originale, con inserimenti delle voci conservate negli archivi sonori della prima metà del Novecento.

 
 

Galleria fotografica

 
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