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lavori in corso nel teatro antico di Napoli: dallo scavo alla valorizzazione

venerdì 28 marzo ore 16.30 museo archeologico nazionale di Napoli

Nella topografia di Neapolis il teatro insieme al contiguo odeon occupa la parte settentrionale del foro, immediatamente a Nord del tempio dei Dioscuri tuttora visibile inglobato nella chiesa di S. Paolo Maggiore.
Se dell'odeion sono noti pochi resti, molto meglio conosciuto è il teatro di età romana, ricordato in antichi documenti scritti e probabilmente già rappresentato in opere artistiche del XV e XVI secolo.

L'antico edificio inserito negli isolati moderni compresi fra via Anticaglia, via S. Paolo ai Tribunali, vico Giganti, è oggetto di una nuova stagione di analisi e studi realizzati in occasione del progetto di scavo e valorizzazione curato congiuntamente dalla Soprintendenza archeologica di Napoli e Caserta e dal Comune di Napoli.

Il teatro nella fase più consistente visibile, in opera mista di reticolato e laterizio, si data alla fine del I- inizi del II secolo d. C., momento in cui sembra essere stato radicalmente ricostruito, forse dopo il terremoto del 62 o l'eruzione del 79 d. C. Problematica è l'identificazione della fase romana più antica cui sono pertinenti alcuni resti molto lacunosi emersi nei settori delle sottofondazioni, così come nell'area di ingombro del teatro di piena età imperiale sinora esplorata non si conserva traccia dell'edificio per spettacoli di età greca di cui risulta dubbia l'ubicazione.

Le indagini segnalano numerosi successivi restauri ai paramenti murari di fine I-inizi del II secolo d. C. e indicano che l'edificio, analogamente a quanto accade per altri complessi dell'area urbana di Neapolis, è stato abbandonato intorno alla metà del V sec. d. C., quando evidentemente cambiano le funzioni del sito. In seguito, mentre alcune parti sono occupate da nuclei sepolcrali stratificati ascrivibili fra VI e VII secolo d. C, altre sono obliterate da riporti di terra, al fine di coltivare al di sopra dei ruderi dell'antica città romana.

Ma anche in questo caso, come sempre accade negli interventi di "archeologia urbana" di cui Napoli costituisce uno straordinario esempio, la storia ricostruita dagli scavi e dalla lettura degli elevati degli edifici che inglobano il teatro è una storia di lunga durata che svela in ugual misura le trasformazioni intervenute in epoca medievale sino ad età moderna, quando l'area assume la forma urbana che pressoché inalterata si è mantenuta sino ad oggi.

Nel 1859, in occasione della realizzazione di una fognatura in via S. Paolo ai Tribunali, emersero numerosi resti che consentirono l'elaborazione di una prima pianta del monumento ad opera dell'architetto G. Rega. Nel periodo fra il 1881 e il 1891 si colloca il primo intervento organico di scavo che ebbe come risultato più rilevante la scoperta nel giardino del fabbricato di via S.Paolo, 4 di parte della cavea tuttora visibile.
Dopo quel momento non furono più effettuate indagini, anche se il tema dello scavo e della valorizzazione del teatro antico è stato sempre presente nella progettazione urbanistica della città, a cominciare dal PRG del 1939 che ne prevedeva il recupero attraverso le demolizioni degli edifici soprastanti, soluzione prospettata anche in anni recenti.

 
 
Diversamente da quanto proposto in precedenza, il vigente PRG della città di Napoli inserisce il teatro fra gli ambiti destinati a Piano Urbanistico Attuativo, prevedendone la valorizzazione all'interno dell'edilizia storica che è integralmente conservata. Le previsioni dello strumento urbanistico si riconnettono ai risultati degli studi sul teatro antico promossi nel 1985 dall'allora Soprintendenza di Collegamento per la Campania e la Basilicata, in collaborazione con l'Istituto Universitario Orientale, nelle persona di Ida Baldassarre, con l'apporto degli arch. Roberto Einaudi ed Ezio Mitchell.
 

Fu allora ripresa l'analisi del teatro mediante la ricognizione ed un nuovo rilevamento delle parti in vista all'interno del tessuto urbano di età moderna. Essa permise una puntuale identificazione delle strutture antiche rivelando che erano spesso integre almeno sino ai livelli di primo piano delle unità immobiliari che le inglobavano, e che in altri casi erano gli elevati moderni a riprodurre le strutture antiche conservate al di sotto dei livelli contemporanei. Tali osservazioni evidenziarono che l'isolamento del teatro, attraverso le demolizioni del tessuto urbano soprastante, oltre a porsi come una soluzione disattenta alla stratificazione storica della città, avrebbe negato la possibilità di leggere nel suo insieme la volumetria del monumento, restituita dai resti antichi emergenti ma anche dalle murature di epoca successiva.

Una prima verifica di tali dati è stata attuata con limitate indagini preliminari e interventi di consolidamento avviati a partire dal 1997 con fondi del Ministero per i Beni e le Attività culturali negli ambienti di via Anticaglia 28 e via S. Paolo 4 , che nel frattempo erano stati acquisiti al Pubblico Demanio. Le indagini riportarono alla luce parti dell'ambulacro interno con i relativi cunei di sostegno della media cavea e confermarono la straordinaria conservazione della gradinata della cavea che fu indagata in un settore diverso da quello emerso alla fine dell'800.

Alla fine del 2003 ha avuto inizio il primo più consistente intervento di scavo e valorizzazione del settore occidentale del monumento, elaborato per conto della Soprintendenza archeologica dall'architetto Roberto Einaudi e finanziato dal Comune di Napoli. Questo intervento è risultato un volano per il finanziamento, nell'ambito del PIT Grande Attrattore Napoli, del progetto relativo al teatro di Neapolis, presentato dall'Amministrazione Comunale in collaborazione con la Soprintendenza archeologica. Per dare attuazione al progetto è stato necessario redigere e approvare il primo Piano Urbanistico di Attuazione su un ambito del centro storico, il sub ambito 25a, che ha consentito anche di estendere le acquisizioni di ulteriori, aree, tra le quali il giardino che aveva obliterato i due quinti della cavea, per un importo complessivo di oltre un milione e 200 mila euro.

 
Con i finanziamenti del PIT oltre a completare gli scavi ed i restauri delle parti interessate dal precedente finanziamento comunale, si sta procedendo allo scavo della cavea e ad una prima analisi di un settore della scena, con l'intento di poter restituire alla fruizione una sezione completa del monumento: dall'ambulacro esterno, all'ambulacro interno, accessibili sia da via S. Paolo 4 sia da via Anticaglia 28, alla successione dei cunei di sostegno della cavea, ai due vomitoria, il mediano e l'occidentale attraverso il quale si raggiungerà la cavea.
 

Nel complesso lo scavo e i rilievi finora eseguiti hanno consentito l'acquisizione di rilevanti novità sulla planimetria generale e sulle caratteristiche costruttive del monumento, come ad esempio la localizzazione e l'andamento delle scale fra i vomitoria, oppure la scansione in nicchie della parete dell'ambulacro e l'organizzazione dei canali che la costeggiano, o ancora la scoperta di parte delle sottofondazioni e della fognatura sottostante la pavimentazione dell'ambulacro. Né minore interesse riveste la scoperta delle superfici decorate straordinariamente conservate nonostante la lunga continuità d'uso del sito: dai pavimenti dell'ambulacro interno, agli intonaci , alcuni dei quali con interessanti graffiti, ai rivestimenti marmorei dei gradini della cavea.

La conclusione dei lavori in corso, è prevista per il dicembre 2008. Per il completamento del progetto complessivo già approvato, che prevede la prosecuzione dell'intervento nell'area dell' antica scenae frons, dovrà essere acquisito un ulteriore finanziamento.

 
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