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itinerario 3

Dal Museo Archeologico a Largo S. Marcellino
Tra filantrope, badesse e letterate 

 

Tappe e figure femminili del percorso

 
 
icona itinerario 3
  • Ospedale degli Incurabili - Maria Longo, Maria Ayerba, Vittoria Colonna
  • Convento in S. Maria in Gerusalemme o delle Trentatre
  • Chiesa e Convento di Regina Coeli - Giovanna Antide Thouret
  • Piazza S. Gaetano - Antonietta de Pace
  • Chiesa e Convento di S. Gregorio Armeno - Le badesse, Enrichetta Caracciolo
  • Lungo il percorso - Teresa Casati Confalonieri, Elena di Savoia
  • Chiostro di S. Marcellino - Le badesse  
 
 

guida all'itinerario

Il terzo itinerario parte dal Museo Archeologico per condurci, passando per Caponapoli, a visitare prima l'Ospedale degli Incurabili, l'opera più importante del Meridione, poi chiostri e conventi della Napoli tridentina: Regina Coeli, S. Gregorio Armeno e S. Marcellino. La storia di questi luoghi è indissolubilmente legata a filantrope e benefattrici che, nelle diverse epoche tra il 1500 ed il 1800, li hanno fondati e ispirati, alle badesse che li hanno ristrutturati e amministrati, alle donne di cultura che hanno partecipato ai fermenti ed ai dibattiti del tempo.
Partendo dal Museo Archeologico Nazionale, si imbocca via Santa Maria di Costantinopoli. Sulla destra incontriamo la Chiesa di S. Maria di Costantinopoli (31), la cui storia è legata alla diffusione del culto della Madonna di Costantinopoli a Napoli durante gli anni in cui la città fu colpita dalla peste. Una leggenda racconta che durante l'epidemia del 1527-28 la Madonna di Costantinopoli apparve ad un'anziana donna, chiedendole di erigere un tempio lì dove avrebbe trovato una sua immagine dipinta su un muro. Rinvenuta l'immagine lungo le mura di cinta sotto la rocca di Caponapoli, vi fu edificata una prima cappella dedicata a S. Maria di Costantinopoli. In seguito, nel 1575, per allontanare il pericolo di una nuova epidemia, si decise di costruire una chiesa più grande lungo il tracciato di via Costantinopoli. La chiesa attuale, a croce latina e con la sua caratteristica cupola maiolicata policroma che rende l'ambiente particolarmente luminoso, fu progettata dall'architetto domenicano Fra' Nuvolo tra il 1603 e il 1608.
L'interno, ampiamente rimaneggiato nel corso del Settecento, è dominato dal fastoso altare maggiore che occupa il coro in tutta la sua ampiezza. Ideato e realizzato da Cosimo Fanzago tra il 1639 e il 1644, racchiude al centro della cornice marmorea l'affresco tardo quattrocentesco raffigurante Santa Maria di Costantinopoli.
Verso la metà del Settecento l'architetto Niccolò Tagliacozzi Canale fu incaricato di progettare il nuovo e sontuoso altare, poi realizzato dal mastro marmoraro Antonio di Lucca in marmo bianco, verde e giallo antico ed ornato da due bellissimi putti di Matteo Bottiglieri. La chiesa conserva anche alcune tele della bottega del Solimena e di Luca Giordano.
Proseguendo, sempre sulla destra, l'Accademia delle Belle Arti (32). Giunti all'altezza della Chiesa della Sapienza (33), che ha di fronte la Chiesa di San Giovanni delle Monache (34), deviamo a sinistra per Via della Sapienza fino ad incrociare via del Sole. Giriamo a sinistra in vico Luigi de Crecchio fino a Largo Sant'Andrea delle Dame, dove, sulla nostra sinistra vediamo il complesso di Sant'Andrea delle Dame (35), oggi sede universitaria.
Il complesso fu ideato come monastero da quattro sorelle, figlie di un ricco notaio di Vico Equense, intorno alla fine del Cinquecento, Laura, Giulia, Claudia e Lucrezia Parascandolo che decisero di riunirsi in clausura con l'assistenza spirituale dei Padri Teatini: nel 1580 papa Gregorio XII ne approvò la fondazione ed il convento venne dedicato a Sant'Andrea Apostolo, e chiamato "delle Dame" appunto perché era riservato alle fanciulle della migliore aristocrazia napoletana. La famiglia Parascandolo assecondò ogni desiderio delle figlie e previde l'ampliamento del complesso grazie all'acquisto di suoli attigui. Il progetto del chiostro, che doveva essere luminoso e spazioso, fu affidato a don Innocenzo Parascandolo che realizzò uno spazio con alti pilastri di piperno. Per la realizzazione dei muri conventuali venne nominato un gruppo di maestri fabbricatori, pipernieri, rigiolatori e falegnami qualificati. Nel corso dei lavori di ampliamento ci furono molte liti con i vicini per l'appropriazione dei terreni. Ricordiamo il caso della torretta reale, un chiostro belvedere disegnato dall'architetto Manni nel 1748, per la cui costruzione scoppiò un feroce litigio con i monaci del vicino monastero di S. Gaudioso. La disputa si concluse a favore delle suore grazie all'intercessione della regina Amalia di Sassonia.
Proseguendo, in fondo alla strada, prima di imboccare a destra Via Maria Longo, arriviamo a largo Sant'Aniello a Caponapoli.
Questo colle è stato chiamato "collina di Sant'Amelio" e "Capo di Napoli", essendo il luogo più alto della città antica. La zona è ricca di reperti archeologici ai quali solo oggi è stata ridata valenza culturale; era la collina su cui sorgeva l'Acropoli a nord ovest di Neapolis, con destinazione religiosa. Si riempì di templi in marmo, tanto da meritare l'appellativo di "Regio Marmorata" che le rimase fino al Medioevo quando ancora erano visibili i resti di alcuni templi: quello del Dio Sole, di Demetra, di Apollo e di Diana, quest'ultimo, identificato con l'attuale chiesa di Santa Maria della Pietrasanta. Qui si svolgevano i fondamentali riti religiosi, si veneravano le divinità della città, si svolgevano i sacrifici e le processioni che si inerpicavano sulla via "Sacra" probabilmente corrispondente all'attuale via del Sole, oggi delimitata dalla caserma dei Vigili del Fuoco e dalla sede del vecchio Policlinico (36).
La Chiesa di Sant'Aniello a Caponapoli che dà il nome alla salita è del VI secolo. Vi si venerava un antico quadro della Vergine sotto il quale si racconta che la madre del Santo venisse ad implorare la grazia di avere un figlio.
Su questa collina secondo un'antica tradizione vi sarebbe l'ipotetico sepolcro della sirena Partenope, descritta nell'itinerario 4, legata alla nascita della città di Napoli.
Si ritiene che proprio dall'antica Acropoli provenga la testa di donna detta "Marianna 'a capa 'e Napule" custodita all'interno di Palazzo San Giacomo, sede del Comune di Napoli, forse reperto archeologico del tempio dedicato alla Sirena Partenope.
Poco distante dalla Chiesa di Sant'Aniello, sulla destra si possono ammirare i resti delle murazioni greco-romane in tufo (37), risalenti al IV secolo a.C. con la caratteristica doppia cortina con briglie trasversali di collegamento.
Proseguendo, lungo Vico San Gaudioso, arriviamo a Largo Madonna delle Grazie, dove si affaccia la Cappella dei SS. Michele ed Omobono (38), costruita nel 1477 dall'Ordine toscano dei frati Pisani e divenuta alla fine del XVII secolo sede dell'associazione dei sarti napoletani, che elessero come loro protettore Sant'Omobono. Nella facciata si nota il particolare portale in piperno, ornato da forbici scolpite in altorilievo che richiamano al patronato dell'arte dei sartori. All'interno si possono ammirare, un dipinto di Nicola Criscuolo raffigurante i SS. Michele, Giovanni Battista e Omobono e una bella Crocefissione di Francesco Pagano eseguita nel 1492, attualmente custodita al Museo di Capodimonte; singolare la raffigurazione, in un pannello, di un sarto in fuga che brandisce le forbici.
Accanto alla cappella, troviamo il complesso di Santa Maria delle Grazie a Caponapoli (39), iniziato nel 1516 e terminato nel 1535 ad opera dei frati dell'Ordine pisano che tennero il convento fino alla soppressione avvenuta nel 1809. La chiesa fu definitivamente chiusa nel 1970 ed essendo facile preda di saccheggi, ne è stato murato l'ingresso. Di notevole interesse il portale in piperno che si apre sulla facciata, con colonne e lesene che sorreggono un timpano semicircolare, nel cui centro c'è un'edicola sormontata da un timpano triangolare, mentre le altre decorazioni in prospetto sono andate perdute.
L'interno si presenta a navata unica, molto ampia e luminosa, con sei cappelle per lato, di impianto tipicamente cinquecentesco; di seguito al di sopra degli archi sono state fatte delle decorazioni a stucco settecentesche, con busti di Santi di Domenico Antonio Vaccaro.
Continuando lungo Via Maria Longo, giungiamo all'Ingresso principale dell' Ospedale degli Incurabili

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