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Cesare Augusto nel bimillenario della morte

Mostra di arte contemporanea dell'artista Romualdo Schiano

Dal 18 ottobre all'8 novembre 2014, Sale delle Terrazze di Castel dell'Ovo
 

Qest'anno si ricorda Ottaviano Augusto imperatore a duemila anni dalla morte. Passata, per fortuna e speriamo per sempre, la retorica del fascismo e la tronfia celebrazione del "destino imperiale di Roma" è tuttavia giusto ripensare a una figura straordinaria della storia nostra e di quella universale e renderle omaggio. Un omaggio opportuno e doveroso, anche per noi napoletani. Come la maggior parte degli imperatori romani dei primi due secoli, infatti Ottaviano Augusto fu un po' napoletano, anche se l'aristocratica polis greca di allora non somigliava alla Napoli che noi conosciamo, ed è poi improbabile che egli frequentasse molto le strade affollate del centro e le botteghe del mercato (l'agorà si trovava, anzi si trova e si può visitare sotto piazza San Gaetano, nel cuore del Centro antico).
A Posillipo si, avreste potuto incontrarlo... Nella meravigliosa villa (è ancora la, alla Gaiola;che spettacolo!) che il cavaliere Publio Vedio Pollione aveva fatto costruire qualche decennio prima e che alla sua morte entrò a far parte del patrimonio dell'Imperatore. Di Augusto stesso, dunque e di tutti i suoi successori almeno fino ad Adriano.
Augusto morì poi a Nola, non molto lontano da Napoli, il 19 agosto dell'anno 14, esattamente duemila anni fa. "Acta est fabula" (la commedia è finita) furono secondo Svetonio le sue ultime parole. Ambigua sincerità di un despota, o piuttosto consapevolezza del limite del potere , persino nell'uomo che era stato per decenni il più potente del mondo, o di una verità che non si può dire se non in punto di morte. Ma come ricordare in maniera degna un personaggio storico così decisivo e complesso, senza scadere nella retorica e senza la pretesa di promulgare chissà quale inedita verità? Un lampo di luce, linee di colore che richiamano le linee e i colori del nostro golfo, dei luoghi che egli stesso ammirò e di cui fu ospite, poche frasi o parole nella bella capitale quadrata, a richiamare res gestae, imprese, azioni, pensieri inestricabilmente a noi lontani e vicini. Ringrazio Romualdo Schiano per aver saputo rispondere con le sue opere a questa domanda e, dunque, per aver offerto a Napoli, con libero gesto d'artista, l'occasione di ricordare e ripensare, in maniera originale e stimolante, la vita e la vicenda storica del primo imperatore: Gaius Julius Caesar Octavianus Augustus... neapolitanus!

L'Assessore alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli
Nino Daniele

 
Orgogliosi dei propri artisti. Così dovrebbe essere ciascuno di noi, e anche capace di guardare sentire capire al cospetto delle loro opere. Non subito, giusto il tempo di liberarsi dalle forme e dai suoni che senza requie ci tempestano ma devono cedere il posto alla sensazione primigenia informe autentica del piacere sensoriale, soprattutto al cospetto dell'arte silenziosa che sortisce con forza di tanto in tanto, che rompe ogni personale solitudine ravvivando la vita con segni forme colori oggetti trasformati nel modo che ti sorprende. Niente da tradurre, il linguaggio di quei segni diventa tuo e per qualche lungo attimo sei l'hai dentro il suo pensiero e negli occhi.
Lo studio-laboratorio-casa e le opere di Romualdo Schiano sono stati per me un gran viaggio, costellato da sensazioni che auguro a tutti coloro che visitano questa mostra napoletana e anche riempito dai ricordi che è giusto e saggio rievocare. Il tempo della protesta è sempre. Schiano non rinuncia tuttora a dire che non si riconosce in una società che ha distrutto il rispetto e dimenticato la civile convivenza, che disprezza norme e leggi.
 
 E lo ribadisce nelle opere di questa mostra inducendoci a guardare a quel Cesare Augusto che morì dalle nostre parti (a Nola) giusto duemila anni fa dopo quaranta anni di regno segnati da leggi che hanno superato i secoli. Nelle tele e nelle tavole di Schiano la mano destra dell'imperatore s'alza ieratica a indicare oro e argento simboli del potere ma sta su un fondo nero che vuol dire vuoto assoluto; il suo volto angelicato spesso emerge dalla nera terra lavica scrigno delle nostre memorie.
La figura del più effigiato personaggio dell'antichità riemerge, quasi come da un ritrovamento archeologico, in frammenti dal giallo del tufo, dal pigmento rosso, dal predominante nero della lava vesuviana macinata, segnando il tramonto di un'epoca che era stata piena di speranza.
Orario di visita tutti i giorni dalle ore 11 alle 17 festivi 10.00 - 13.00.
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